Contraddizioni culturali e paradossi cognitivi (Parte I)
Naturale : buono = chimico : tossico
Leggiamola così: naturale sta a buono come chimico sta a cattivo.
È la classica associazione di termini che i seguaci new age di un certo ambientalismo distorto invocano per giustificare scelte personali in merito a pratiche pseudo scientifiche che hanno deciso di utilizzare. La prima che mi viene in mente è quella che si basa sull’omeopatia ritenuta valida perché “su di me funziona” oppure perché “sono trenta anni che mi curo con l’omeopatia e funziona”, oppure ancora “l’omeopatia è naturale e come tale non fa male”.
Questo post non è dedicato all’omeopatia, ma ad evidenziare le dissonanze cognitive di tutti coloro che, come i seguaci dell’omeopatia, denigrano la chimica pur facendone ampiamente uso.
“Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. La sua trasmissione avviene per contatto orale, diretto o indiretto, con feci o alimenti contaminati [tra cui acqua] e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione” [1].
1817-2017. Sono 200 anni. In questi duecento anni si sono avute ben sette pandemie di colera. L’ultima in ordine di tempo è iniziata nel 1961 e, dopo 56 anni, non si è ancora estinta. Nel 1973 il colera è arrivato anche a Napoli. Avevo sei anni. Mi ricordo il terrore della vaccinazione. In tutti questi anni il colera ha fatto milioni di vittime. Alcune fonti parlano di ben 40 milioni di morti [1, 2].
Nonostante la durata molto più lunga delle precedenti, la settima pandemia ha provocato molti meno morti delle altre. Questi sono principalmente nei paesi del terzo mondo, ovvero in quelli sottosviluppati. Proprio in questi paesi, infatti, ci sono carenze igienico-sanitarie che consentono la diffusione del vibrione del colera.
Se noi oggi possiamo dire di non dover più temere questa malattia, ormai dichiarata anche endemica, è perché facciamo parte di quella piccola parte del globo in cui vengono applicate le misure di prevenzione sanitaria in grado di debellare certi micro organismi patogeni per l’uomo.
L’acqua che noi usiamo come alimento è uno dei principali vettori per la trasmissione del colera – e non solo. L’acqua, tuttavia, è un prodotto naturale. Essa sgorga libera dalle rocce. Come prodotto naturale non può fare che bene. Ed invece non è così. L’acqua trasportata dagli acquedotti può essere contaminata, durante il suo tragitto verso i centri abitati, per ogni ordine di causa. Per esempio, se non vengono rispettati i limiti entro cui gli animali possono stazionare nei pressi dei pozzi di approvvigionamento idrico, si può verificare contaminazione fecale e la trasmissione di patologie come il colera. Per assicurare la potabilità delle acque, la chimica, che NON è sinonimo di tossico, ci viene in aiuto. Sapete come? Attraverso l’uso di un’arma di distruzione di massa. Sí, avete letto bene. Si utilizza un gas che durante la prima guerra mondiale è diventato tristemente famoso per il numero di morti e di invalidi permanenti che ha provocato: il cloro.
Il cloro è una molecola biatomica che si trova nella fase gassosa. Ha un colore giallo-verde dal caratteristico odore pungente. È in grado di provocare lesioni permanenti nei tessuti umani e se l’avvelenamento da cloro non è curato in tempo, provoca la morte. La sua azione si deve al fatto che interagisce con molti dei metaboliti che sono presenti nelle nostre cellule, modificandone la struttura e, di conseguenza, la funzionalità biochimica. Quando viene inserito in acqua reagisce dismutandosi (ovvero si trasforma) portando alla formazione di acido ipocloroso. Questo si dissocia in ipoclorito che a sua volta si decompone a cloruro ed ossigeno molecolare. L’ossigeno è un forte ossidante ed è quello che è in grado di distruggere le cellule dei batteri che possono contaminare l’acqua che arriva nelle nostre case [3]. Il problema del cloro gassoso è che è poco maneggevole. Il suo stoccaggio è reso difficile dalla sua corrosività. Per questo motivo oggi la sanificazione delle acque destinate al consumo umano viene effettuata utilizzando i sali solubili, e facilmente maneggiabili, dell’acido ipocloroso. Uno di questi è l’ipoclorito di sodio più noto come varechina. Sì, quella che trovate comunemente al supermercato.
Morale della favola. L’acqua prodotto naturale, quindi in principio ritenuta buona, non è, in realtà, così buona essendo vettore per patologie mortali se non sanificata. Il cloro, arma di distruzione di massa, quindi, “cattivo” per definizione, in realtà è buono perché ci aiuta a sanificare un prodotto naturale che poi tanto buono non è.
La chimica vi sembra ancora così cattiva?
Riferimenti
[1] http://www.epicentro.iss.it/problemi/colera/colera.asp
[2] http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs107/en/
[3] http://www.chimicamo.org/…/clorazione-dellacquareazioni-chi…