Un po’ di tempo fa ho scritto un post riguardante il ruolo che i legami a idrogeno ricoprono nel comportamento dell’acqua. In particolare è stata analizzata la caratteristica delle molecole di acqua di “escludere” i soluti durante il processo di raffreddamento [1]. Adesso voglio concentrarmi (come promesso) sul ruolo che i legami a idrogeno ricoprono nel modulare le proprietà colligative. In particolare, voglio concentrarmi sull’innalzamento ebullioscopico [2], rimandando ad una nota successiva la spiegazione sull’abbassamento crioscopico [3].
E’ stato già evidenziato [1] che per innalzamento ebullioscopico si intende l’aumento della temperatura di ebollizione conseguente alla dissoluzione di un soluto in un solvente. In genere, per spiegare questo fenomeno si fa riferimento al fatto che l’addizione di un soluto in un solvente comporta un abbassamento della tensione di vapore di quest’ultimo con la conseguenza che è necessaria una temperatura più elevata per arrivare all’ebollizione [2].
Cosa vuol dire tensione di vapore? Molto semplicisticamente la “tensione di vapore” è la pressione (ovvero la forza) esercitata sulle pareti di un recipiente chiuso da parte delle molecole di vapore di una sostanza in equilibrio con la fase condensata (liquida o solida) della stessa sostanza [4].
La Figura 1 esemplifica quanto appena scritto. Le molecole sulla superficie del liquido racchiuso nel pallone tappato di Figura 1 “sfuggono” dalla superficie e “galleggiano” nello spazio vuoto seguendo delle traiettorie casuali. Nelle condizioni di equilibrio, il numero di molecole di vapore che ritornano nella fase condensata (ovvero liquida, in questo caso) è uguale al numero di molecole che “sfuggono” dalla superficie. L’ “abbassamento della tensione di vapore” di cui si diceva sopra significa che la pressione esercitata dalle molecole di vapore sulle pareti del recipiente chiuso si abbassa per effetto dell’addizione di un soluto al solvente. In altre parole, l’equilibrio descritto dalla reazione riportata in Figura 2 si sposta verso sinistra (ovvero dalla parte del solvente in fase liquida) e l’ebollizione si interrompe. Occorre innalzare la temperatura per riportare il sistema all’ebollizione
Come mai l’addizione di un soluto ad un solvente comporta l’abbassamento della tensione di vapore con conseguente innalzamento ebullioscopico? Molto semplicisticamente si potrebbe dire che il soluto “aggancia” le molecole di solvente impedendo che esse “sfuggano” dalla superficie della fase condensata. Occorre una quantità di calore più elevata (e, quindi, una temperatura più alta) per consentire alle molecole di solvente di opporsi alla resistenza offerta dal soluto e ristabilire le condizioni di equilibrio all’ebollizione.
Per spiegare meglio quanto accade addizioniamo il cloruro di sodio (NaCl) in acqua. il cloruro di sodio è un solido ionico [5] in cui lo ione sodio (catione) interagisce con lo ione cloruro (anione) mediante interazioni di natura elettrostatica. L’acqua è una molecola in cui la densità elettronica intorno all’ossigeno è più elevata che attorno agli atomi di idrogeno (Figura 3). Per questo motivo, l’ossigeno è dotato di una parziale carica negativa, mentre gli atomi di idrogeno di una parziale carica positiva (Figura 3). Dal momento che il centro delle cariche negative è diverso da quello delle cariche positive (ovvero si osserva l’anzidetta separazione di carica), la molecola di acqua ha carattere dipolare.
Abbiamo già evidenziato che il carattere dipolare della molecola di acqua è causa della formazione dei legami a idrogeno [1]. In questa sede il carattere dipolare dell’acqua ci consente di spiegare il meccanismo di dissoluzione del cloruro di sodio. Infatti, quando il cloruro di sodio viene messo in acqua si generano delle interazioni di natura elettrostatica del tipo Na(+)/H2O e Cl(-)/H2O. La componente negativa del dipolo acqua è orientata verso la carica positiva del sodio, mentre la parte positiva dello stesso dipolo è orientata verso lo ione cloro (Figura 4). In questo modo i due ioni del solido ionico si separano e si realizza la dissoluzione del sale.
Il processo di dissoluzione mediato dall’azione dell’acqua che circonda i due ioni si chiama “solvatazione”. In generale, i processi di dissoluzione di un soluto in un solvente sono dovuti alla solvatazione. Se questa non si può realizzare, la dissoluzione non avviene.
Le molecole di acqua si dispongono “a strati” intorno agli ioni. Ognuno degli strati viene indicato come “sfera di idratazione”. Le molecole di acqua più interne, ovvero quelle più vicine agli ioni, si collocano nella prima sfera di idratazione. A seguire tutte le altre sfere di idratazione [6]. L’identificazione del numero di sfere di idratazione richiede degli studi approfonditi [7] che vanno oltre gli scopi di questa nota.
L’orientazione delle molecole di acqua intorno allo ione sodio è tale che non vengono più soddisfatti i requisiti geometrici necessari per la realizzazione dei legami a idrogeno (dei requisiti necessari per la formazione dei legami a idrogeno se ne è già parlato nel post precedente [1]). Per questo motivo i legami a idrogeno tra le molecole di acqua nella prima sfera di idratazione si interrompono [7]. Inoltre, l’interazione acqua/sodio comporta uno “scivolamento” della densità elettronica dei legami H-O dell’acqua verso l’ossigeno. Tradotto, vuol dire che aumenta la polarità del legame H-O, ovvero aumenta l’intensità della carica positiva sugli atomi di idrogeno a causa dell’aumento dell’intensità della carica negativa sull’ossigeno come effetto dell’interazione con lo ione sodio [7]. Per questo motivo le molecole di acqua nella prima sfera di idratazione (incapaci di formare legami a idrogeno tra loro) sono in grado di legarsi alle molecole di acqua nella seconda sfera di idratazione con legami a idrogeno la cui intensità è più forte che nell’acqua libera (ovvero l’acqua in cui non è disciolto alcun soluto). La natura dei legami a idrogeno tra le molecole di acqua nella prima e nella seconda sfera di idratazione incrementa la polarità dei legami H-O nelle molecole di quest’ultima sfera di idratazione. Le molecole di acqua della seconda sfera di idratazione sono, quindi, in grado di interagire con le molecole della terza sfera di idratazione con legami a idrogeno più forti di quelli che si realizzano tra le molecole di acqua libera. L’intensità dei legami a idrogeno diminuisce all’aumentare della distanza delle molecole di acqua dallo ione.
Uno ione in grado di intensificare le interazioni a idrogeno tra le molecole di acqua presenti nelle diverse sfere di idratazione si dice “strutturante”. La capacità strutturante di uno ione dipende dalle sue dimensioni. Più lo ione è piccolo, più elevata è la sua densità di carica (ovvero la quantità di carica per unità di volume) e più elevata è la forza del campo elettrico da essa generata in conseguenza della quale lo ione è in grado di indurre un ordine tra le molecole di acqua oltre la prima sfera di idratazione. Sono ioni destrutturanti quelli che hanno densità di carica tale che il campo elettrico da essa generato non è in grado di polarizzare le molecole di acqua al di fuori della prima sfera di idratazione (in altre parole ioni a dimensione crescente sono progressivamente più destrutturanti). Lo ione sodio ha caratteristiche strutturanti, mentre lo ione cloro ha caratteristiche destrutturanti. Tuttavia, è possibile misurare la forza strutturante/destrutturante di uno ione [7] e concludere che nel cloruro di sodio la natura strutturante dello ione sodio predomina su quella destrutturanrte dello ione cloro.
La conseguenza di tutto quanto scritto è che il sale da cucina (ma questo è un discorso di carattere generale) ha caratteristiche “strutturanti” per cui esso è in grado di ancorare le molecole di acqua alla superficie della fase liquida in modo tale che la quantità di energia necessaria per rimuoverle risulta essere più alta che in assenza del soluto.
Note conclusive
Questa trattazione si applica alle soluzioni lontane dall’idealità quali quelle ambientali come per esempio quella che viene indicata come “soluzione suolo”. Lo so. Sono stato particolarmente prolisso, ma mi sono lasciato prendere la mano. Una nota nata come “Pillola di scienza” è diventata la trascrizione di una delle mie lezioni di chimica del suolo. Spero di non aver annoiato e che qualcuno possa trovare ispirazione da quanto scritto. I miei studenti possono, certamente, usare queste cose come appunti integrativi al loro studio.
Riferimenti
Una risposta a “L’ innalzamento ebullioscopico: il ruolo dei legami a idrogeno nel comportamento dell’acqua.”