Chi mi segue sicuramente sa che qualche tempo fa ho dedicato un articolo alle mascherine necessarie per proteggerci dalla diffusione del Covid19.
In esso ho solo accennato alla funzione delle mascherine chirurgiche. Ora voglio entrare nel dettaglio della loro chimica.
Alzi la mano chi di voi non ha mai sentito parlare del tessuto non tessuto detto anche TNT.
No…non è il trinitrotoluene, noto per la sua potenzialità esplosiva. Quindi, se tra i miei lettori c’è qualche appassionato di “fuochi artificiali” non cerchi di dar fuoco al TNT di cui parlo in questo articoletto perché non otterrà alcun botto particolare, ma solo una bella fiamma.
Torniamo a noi.
Se facciamo una banale ricerca in Wikipedia, si trova che il tessuto non tessuto è un materiale in cui non è possibile distinguere una trama ben precisa come nel caso dei normali tessuti che indossiamo. Insomma si tratta di un materiale che viene ottenuto mediante dei procedimenti industriali particolari che, per ora, non rappresentano oggetto di discussione.
Le sue peculiarità lo rendono molto versatile tanto è vero che viene utilizzato in diversi campi: da quello edilizio a quello tessile, fino ad arrivare al campo medico. Ebbene sì, anche in campo medico questo materiale viene utilizzato. Infatti, santo Google alla richiesta di informazioni sul tessuto non tessuto restituisce, tra i tanti siti web, un link a un’azienda che vende chilometri di tessuto non tessuto per la fabbricazione delle mascherine chirurgiche di cui oggi abbiamo estrema necessità a causa del virus SARS-CoV2.
Ma cosa è questo TNT? Appurato che la sigla non si riferisce al trinitrotoluene, noto esplosivo, di cosa si tratta?
Ebbene, non è altro che banalissima plastica. Il termine che ho appena usato non è molto corretto, se vogliamo essere puntigliosi. Infatti, “plastica” è un termine generico che si riferisce a una classe di composti molto differenti tra di loro sia per caratteristiche chimiche che caratteristiche fisiche.
La plastica con cui è fatto il TNT può essere o polipropilene o poliestere. In realtà, se vogliamo essere ancora puntigliosi, bisognerebbe parlare di poliesteri e non di poliestere. Infatti, anche questa è una classe di composti che differiscono tra loro per proprietà chimiche e fisiche. In ogni caso, sono più che sicuro che ne avete già sentito parlare, non foss’altro per il fatto che questi nomi li trovate scritti sulle etichette dei vostri capi di abbigliamento quando leggete che assieme al cotone essi contengono anche poliestere e polipropilene (Figura 1).
Per poter avere una idea di quali siano gli oggetti di uso comune che contengono le plastiche anzidette, potete far riferimento alla Figura 2.
Ma veniamo alle mascherine chirurgiche.
Esse sono fatte da strati sovrapposti di tessuti ottenuti sia con polipropilene che con poliestere. In particolare, lo stato esterno è costituito da un foglio di polipropilene che viene trattato per farlo diventare idrofobo e conferirgli resistenza meccanica. Lo strato intermedio può essere fatto sia da polistirene che da polipropilene che vengono lavorati in modo da produrre un foglio sottile con pori di diametro nell’intervallo 1-3 μm. Infine, il terzo strato (quando è presente) è fatto da polipropilene che ha il compito di proteggere il volto dallo strato intermedio filtrante (Figura 3). La capacità filtrante verso l’esterno (ovvero la capacità di trattenere le goccioline di sudore/saliva) di queste mascherine è molto elevata. Tuttavia, esse hanno una bassa capacità filtrante dall’esterno (Riferimento).
Insomma, da questa breve digressione avete capito che le mascherine chirurgiche che indossiamo in questi giorni sono fatte di plastica.
C’è un impatto ambientale di questa plastica? Beh…se l’argomento vi intriga posso rimandare ad un secondo articolo l’impatto che le mascherine che usiamo hanno sull’ambiente.