Ormai anche le dolomiti sanno che sono un chimico; sanno anche che sono alquanto irritabile quando leggo certe cose. E guardando alla foto di Figura 1 mi sono irritato non poco.
La dottoressa scrive: “i dolcificanti artificiali, che sono chimici e tossici”.
Cosa vuol dire che i dolcificanti artificiali sono chimici? Forse che il saccarosio (ovvero quella polverina bianca che usiamo per dolcificare il caffè al bar) non è inquadrabile come un composto chimico? Ed il fruttosio? E tutti gli altri zuccheri? Non sono forse anche essi composti chimici? Ma, del resto, esiste un qualche composto nell’intero universo che possa essere definito come “non chimico”? Anche le rocce che sono su Marte sono composti chimici.
Ancora una volta il termine “chimico” viene usato male.
Come sto ripetendo fino alla nausea da un po’ di tempo a questa parte, la chimica è una forma di conoscenza. Come questa conoscenza possa essere utilizzata è ben altro. Non voglio ripetermi per l’ennesima volta. Vi invito a leggere le interviste che ho rilasciato a “La medicina in uno scatto” (qui) e Gravità Zero (qui) oppure l’intervista che è apparsa su Il Sole 24 Ore (qui).
Il linguaggio popolare
Capisco che per le persone che non sono abituate al linguaggio scientifico il termine “chimico” voglia dire “di sintesi”, ovvero fatto in laboratorio. Ma il fatto che un composto chimico sia fatto in laboratorio non vuol dire che esso sia necessariamente tossico. Nella intervista a “La medicina in uno scatto” (qui) faccio l’esempio della nitroglicerina che è un composto che non esiste in natura; può essere usato come esplosivo (e di fatto è l’ingrediente della dinamite), ma anche come medicinale, dal momento che il suo sottoprodotto di degradazione nell’organismo umano è un ottimo vasodilatatore e viene usato come farmaco antianginoso. Questo è solo uno dei tanti esempi che si possono fare. Un altro è l’insulina. Fino a una cinquantina di anni fa, l’insulina (sì, quel famoso ormone la cui carenza è legata all’insorgenza del diabete) era isolata dal pancreas animale (in particolare del maiale). Il suo grado di purezza non era sufficiente a garantirne una completa innocuità perché gli individui che assumevano questo prodotto di origine animale potevano rispondere negativamente alle impurezze in esso contenuto. Oggi l’insulina è fatta in laboratorio (mediante l’uso di organismi geneticamente modificati, sì, proprio i bistrattati OGM) ed il suo grado di purezza assicura agli esseri umani un ottimo grado di tollerabilità. Oggi i diabetici possono condurre una vita “normale” fino a tarda età facendo ovviamente attenzione a ciò di cui si alimentano e facendo uso costante di questo farmaco di sintesi.
I dolcificanti di sintesi
Ed ora ritorniamo ai dolcificanti di sintesi. Sono tossici? Non più di quanto lo sia un qualsiasi altro alimento. Ne parlo molto dettagliatamente nel mio libro “Frammenti di Chimica“, ma ne ho parlato anche diverse volte in un mio reportage sui dolcificanti. Per esempio qui parlo dell’acesulfame K, qui della “tossicità” dello zucchero raffinato (ma ne parlo anche nell’intervista a Gravità Zero, qui), qui parlo della saccarina, qui dell’aspartame. Insomma, la “tossicità” degli edulcoranti di sintesi è una leggenda. È ovvio che se assumiamo quantità enormi di un qualsiasi dolcificante, questo bene non fa. Il trucco è tutto nella moderazione e nella variabilità alimentare.
Metabolismo veloce; metabolismo lento
Altro punto che mi lascia perplesso, e molto, è il concetto di “accelera il metabolismo”. Il metabolismo è una complessa serie di reazioni chimiche dalle quali traiamo la nostra capacità autopoietica (per approfondire ne ho già parlato in passato qui e qui). Il metabolismo (la cui complessità è in Figura 2) non può essere inteso come un’automobile che accelera quando pigiamo sul pedale dell’acceleratore o rallenta quando pigiamo il pedale del freno.
Le reazioni metaboliche vanno in una direzione o nell’altra a seconda delle attività che svolgiamo durante la giornata. “Accelerare” o “rallentare” il metabolismo è un non-senso biochimico; in altre parole non significa nulla. L’uso di questi termini non fa altro che alimentare dei miti e delle leggende popolari che, a loro volta, posso generare bufale.
Come difendersi dalle bufale?
L’educazione alla scienza, la difesa dalle bufale, passa anche dal modo con cui noi professionisti del settore usiamo le parole. Non possiamo, noi, abbassarci al linguaggio popolare. Dobbiamo fare in modo che il linguaggio popolare venga dismesso e le parole vengano usate nel modo opportuno. Questo lo possiamo fare solo se noi tutti ci impegniamo nella corretta divulgazione ed educhiamo il salumiere, la massaia, il professionista che è fuori dal contesto scientifico, all’uso corretto delle parole che appartengono al nostro mondo.
Fonte dell’immagine di copertina: https://www.scientificast.it/chimica-bella-chimica-brutta-scientificast-126/
La biochimica va considerata in ciò che serve la biochimica, non è chimica-bio. Con questa accortezza, ci si ricordi pure che la scienza chimica studia un àmbito dei fenomeni, la fisica un altro, la ottica un altro, la acustica un altro… Esiste una realtà chimica, non la realtà chimica. La biologia inoltre non è sostituibile dalla biochimica, che è uno studio tecnico-scientifico interdisciplinare con proprie facoltà, ma non una scienza. La biologia molecolare non è tutto, esiste la biologia submolecolare ed altre pure; e interdisciplinarità non genera nuovi dati, li approfondisce… Inoltre il benessere si ottiene con ciò che gli psicologi empirici definiscono intuizioni dirette, che non sono scientifiche… Cioè la logica primaria da usarsi per esempio per bere il caffè è indipendente da logiche scientifiche e indipendente da ragionamenti tecnico-scientifici anche. Secondariamente per talcosa funziona eminentemente la biologia, la biochimica non ha funzione eminente, la chimica ancor meno.
Inoltre: dicesi “chimico” anche un risultato di tecnica derivata da scienza chimica; e viver troppo di cose chimiche, troppo in àmbito reale della chimica, può esser pericoloso per la salute; di fatto siamo fatti per vivere tra molteplici realtà e quindi di questo non c’è da farne voce grossa contro e tanto meno appellandosi con prepotenza alla scienza. Le scienze non danno saggezza, la saggezza offre utilità di scienze, che derivano da azioni filosofiche di conoscenza. La scienza della glottologia può attestare l’origine della cultura scientifica da quella filosofica e certe prepotenze intellettuali!oidi quindi sono anti scientifiche pure. MAURO PASTORE
Gentile Mauro Pastore, ho deciso di accettare la pubblicazione di quanto scrive per un motivo molto semplice: voglio far vedere fino a che punto possa arrivare la stupidità umana; inoltre voglio mostrare anche qual è il linguaggio privo di senso logico oltre che di qualsiasi significato che un soggetto affetto da sindrome di Dunning-Kruger utilizza quando decide di scrivere qualcosa per tentare di confrontarsi con un tecnico. Ovviamente non è necessario che lei risponda. Basta un solo esempio per evidenziare ciò che ho appena detto.
Che c’azzeccano le qualità aromatiche olfattive e gustative con la percentuale di grassi, proteine, zuccheri etc? In secondo luogo queste persone che ce l’hanno con i prodotti chimici, nel senso di ‘di sintesi’, immagino non assumano MAI un farmaco per il mal di testa e, dal dentista, utilizzino tisane al posto dell’anestesia. Voler poi spacciare il caffè come alimento…insomma mi pare eccessivo, poiché la sua assenza non provocherebbe alcuna forma di malnutrizione. O no?
Sono d’accordo su quanto dice in merito alla chimica ed ai farmaci. Non sono d’accordo per quanto riguarda il caffè come non-alimento. In realtà, tutto quanto viene assunto ed apporta un beneficio per l’organismo (anche di tipo psicologico) è un alimento. Che poi noi possiamo fare a meno del caffè, questo è vero. Ma ci sono tanti alimenti di cui possiamo fare a meno ma che ci danno, comunque, piacere quando li assumiamo
A me fa sorridere quando leggo cose tipo “il caffè fa bene perché contiene xxx che aiuta a prevenire il cancro”. Lo stesso discorso viene fatto per tanti altri cibi. Che uno si chiede quanto caffè dovrebbe bere per prevenire il cancro. O quanto peperoncino. O quante fragole. Si confonde sempre la presenza di una molecola che in particolari condizioni, magari in vitro, ha qualche proprietà anticancerogena, con il fatto che quel cibo sia anticancerogeno. E godetevi il caffè dicendo mi piace e basta, senza cercare ridicole quanto assurde motivazioni salutistiche!
Caro Stefano,
Sono assolutamente d’accordo con te 🙂