Come si costruiscono le bufale. Il caso dello zucchero raffinato

Nella mia attività, sia di docente/ricercatore che, più recentemente, di divulgatore, mi trovo spesso di fronte a una serie di notizie che apparentemente sembrano serie, ma che in realtà sono delle vere e proprie bufale. La bufala nasce dal fatto che si mescolano ad arte informazioni vere con altre verosimili e con alcune del tutto prive di fondamento. L’obiettivo è quello di indurre il lettore poco preparato o poco attento a credere a delle vere e proprie sciocchezze. Volete un esempio?

Ho appena trovato un sito in cui si esaltano le proprietà della stevia partendo da presupposti tutt’altro che scientifici. Ecco il link.

Analizziamo quello che è scritto nell’incipit:

“Stevia, tutto quello che c’è da sapere sul dolcificante naturale del momento. Lo zucchero raffinato, si sa, non è benefico per il nostro organismo e molte persone cercano alternative naturali alla sua dolcezza artificiale

Ho colorato in rosso una frase in cui compare, messo lì apparentemente in modo casuale, “zucchero raffinato” e  “si sa”. Ovvero, secondo gli autori di questo articoletto, è noto ormai anche a cani e porci che lo zucchero raffinato non è benefico per il nostro organismo.

Cosa vuol dire “zucchero raffinato”?

La raffinazione dello zucchero è un processo che parte dalla frammentazione meccanica della barbabietola da zucchero (è la pianta da cui ricaviamo il saccarosio nelle zone a clima temperato come l’Europa; nei paesi tropicali, il saccarosio viene ricavato dalla canna da zucchero) e passa per l’estrazione delle componenti idrosolubili usando acqua calda. Non mi risulta che l’acqua calda sia tossica. Certo se uno immerge la mano in acqua bollente si ustiona, ma questa è un’altra storia e, comunque, l’elevata temperatura non rende l’acqua tossica. A questo link si trova il significato dell’aggettivo “tossico” secondo l’enciclopedia Treccani.

L’estrazione in acqua calda genera un miscuglio (o sugo grezzo) che contiene anche il saccarosio. Tale miscuglio, però, è ben lontano dall’essere appetibile. Per poter ottenere il saccarosio dal caratteristico sapore dolce, occorre usare idrossido di calcio (Ca(OH)2) che consente la precipitazione di tante componenti poco appetibili oltre che la neutralizzazione delle sostanze acide contenute nel sugo grezzo (il termine tecnico è “defecazione”, ma mi rendo conto che non è una parola molto gettonata nel linguaggio comune quando associata a qualcosa che dobbiamo mangiare). Anche l’idrossido di calcio non è tossico. Al massimo può causare irritazioni, ma solo quando non è sciolto in acqua alle concentrazioni usate per la raffinazione dello zucchero (qui la scheda tecnica). In ogni caso, la fase successiva è la rimozione di tutto il calcio mediante uso di anidride carbonica (CO2). Quest’ultima permette la precipitazione del carbonato di calcio che poi viene successivamente allontanato. Neanche l’anidride carbonica è tossica. Certo, se saturiamo un ambiente chiuso con questo gas moriamo, ma non perché la CO2 sia tossica, solo perché ci asfissiamo per mancanza di ossigeno. Non sto a farla lunga, aggiungo solo che dopo queste operazioni, vengono operati processi di cristallizzazione successivi che servono  per separare i cristalli di saccarosio dalle impurezze ancora presenti nel sugo che lo contiene. La cristallizzazione non viene fatta usando solventi organici (questi si potenzialmente tossici), ma attraverso variazioni di temperatura. Infine, lo sbiancamento definitivo viene fatto usando il vapor d’acqua. Anche il vapor d’acqua non è tossico. Se fosse così saremmo già morti da un pezzo considerando tutta l’umidità che è presente nell’aria.

Raffinato non non vuol dire tossico

Il termine “raffinato”, in definitiva, non è sinonimo di “pericoloso” o “tossico”. Non so da cosa nasca l’idea comune che tutto ciò che è raffinato sia pericoloso. Forse perché si associa l’idea di “raffinazione” alla lavorazione del petrolio (che certamente non è commestibile) per ottenerne le frazioni da usare nelle diverse attività antropiche? Ma cosa c’entra la raffinazione del petrolio con quella del saccarosio? Assolutamente nulla.

Sotto l’aspetto chimico, “raffinare” significa “purificare”, ovvero, nel caso specifico del saccarosio, eliminare dallo zucchero comune tutte quelle componenti che non lo rendono appetibile, come avete letto nel paragrafo precedente.

Vi sembra, allora, che la polvere bianca che usiamo per dolcificare il nostro cappuccino la mattina sia tossica? No. Non lo è. Non c’è nulla lì dentro che la renda tossica. Al più il saccarosio rappresenta un problema serio per i diabetici, ma questa è un’altra storia di cui ho già parlato qui.

Quindi se “raffinato” non è sinonimo di tossico, il “si sa” buttato lì è solo uno specchietto per le allodole. È solo un modo per attirare l’attezione dei gonzi e far loro credere che esiste una lobby del saccarosio (big-sucrose) che ci vuole tutti morti. Non c’è male come complottismo, devo dire. Fa il paio con “big-pharma”, le scie chimiche e, piuttosto di recente, con big-microwave (sì perché grazie al mio articolo sui forni a microonde sono stato indicato come servo del potere industriale dei forni a microonde).

In ogni caso, se non siamo soggetti a diabete e ci sentiamo male dopo aver esagerato con l’assunzione di dolci, il responsabile non è il saccarosio, ma la nostra intemperanza che non ci consente di controllarci e fare attenzione alle dosi di dolce che assumiamo.

Le bufale sulle alternative naturali

Come avete potuto leggere, ho evidenziato in blu un altro pezzo dell’incipit dell’articolo sulla stevia. “le persone cercano altenative naturali alla dolcezza artificiale”. Ma ha un senso questa frase? Il saccarosio viene estratto dalla barbabietola da zucchero (o dalla canna da zucchero). Si tratta per caso di sistemi artificiali? Cosa c’è di più naturale di una pianta come la barbabietola? Il saccarosio che si estrae dalla barbabietola non si forma per un atto magico. È un prodotto del metabolismo della pianta stessa. E perché la stevia dovrebbe essere una pianta più naturale della barbabietola?

La differenza tra un edulcorante steviolitico ed il saccarosio è che il primo non contiene il secondo e può essere usato senza problemi dai diabetici. È il glucosio contenuto nel saccarosio il vero problema per chi è affetto da diabete. Eliminando il saccarosio, si elimina il glucosio e si tengono sotto controllo i problemi di iperglicemia. La stevia, come qualsiasi altro edulcorante privo di glucosio, offre il vantaggio di poter essere assimilato anche da persone affette da questa patologia molto limitante.

Come si ottiene l’edulcorante steviolitico?

Nel paragrafo più su ho descritto per sommi capi l’estrazione del saccarosio dalla barbabietola da zucchero ed ho evidenziato che non vengono utilizzati solventi tossici. Peraltro, il processo di estrazione è progettato in modo tale da non lasciare alcun residuo dei composti usati durante il processo di raffinazione. Ma come si ottiene un sacchettino di edulcorante steviolitico? Non voglio entrare nei dettagli della composizione chimica di questo edulcorante. Basti sapere che si tratta solo di una miscela di diversi composti che vengono estratti dalla pianta che si chiama Stevia rebaudiana. Ebbene sì. Anche l’edulcorante noto col nome commerciale di stevia viene estratto da una pianta (esattamente come il saccarosio estrato dalla barbabietola). Ma sapete come? Esistono diversi metodi. Si può usare una miscela di acqua calda ed alcol etilico, oppure si può usare il metanolo. Sì. Avete letto bene. Si può usare il metanolo, ovvero un composto che è tossico nel vero senso della parola. Ne volete sapere di più? Basta leggere la scheda di sicurezza di questo alcol: qui. È ovvio che ci sono anche altre procedure estrattive oltre a quelle appena citate. Per esempio si può procedere per macerazione in acqua seguita da processi di filtrazione vari, scambio ionico, osmosi inversa ed essiccamento. Si tratta di un processo di produzione che può essere indicato come “raffinazione”, esattamente come quella del saccarosio. Il punto è che i supporters dei prodotti naturali a fini meramente commerciali si guardano bene dall’usare il termine “raffinazione” o “raffinato” quando parlano di dolcificante steviolitico. Anzi, molto subdolamente, come avete potuto leggere, parlano di dolcezza naturale dell’edulcorante steviolitico contro quella artificiale del saccarosio. Eppure si tratta di due edulcoranti entrambi di origine vegetale, con la stessa dignità chimica di fregiarsi dell’aggettivo “naturale”.

Conclusioni

Non lasciatevi fregare da chi esalta le proprietà della stevia spingendo sul concetto di edulcorante naturale. Da questa beve nota potete capire che non è così. Nessuno vieta di utilizzare la stevia al posto del saccarosio o di qualsiasi altro dolcificante di sintesi o meno. L’importante è essere coscienti del fatto che si tratta solo di una scelta soggettiva che deve incontrare i propri gusti personali. Per esempio, a me piace molto il sapore dell’aspartame rispetto a quello della stevia, ma è solo un fatto assolutamente soggettivo.

Fonte dell’immagine di copertina: Wikimedia Commons

I forni a microonde fanno male (spoiler: no è falso ed è pure da ignoranti sostenerlo)

Ci si trova di fronte ad una situazione del tipo in Figura 1: “per coerenza con la cultura del biologico, abbiamo deciso di evitare il forno a microonde”.

Che fare? Entrare farsi una risata e passare oltre oppure affrontare la situazione di petto e trattare certe persone per quello che sono (ok, non me lo fate scrivere, ci siamo capiti)? Ritengo che il tempo della tregua sia finito. Occorre mettere fine a queste religioni naturiste che sorgono come piante infestanti e si basano sul nulla più assoluto. Non è tanto il fatto che uno decida di alimentarsi in un modo ovvero nell’altro. Ognuno è libero di fare scientemente le proprie scelte e gestirne le ovvie conseguenze. Tuttavia deve essere chiaro che ammantare di scientificità certe scelte di natura culturale è assolutamente privo di senso. Cosa vuol dire il cartello mostrato in foto?

Figura 1. Cartello appeso in uno dei tanti centri NaturaSì

Questa catena di negozi afferma che “per coerenza con la cultura del biologico” hanno scelto di riscaldare le pietanze con un un forno tradizionale e non con quello a microonde. Su cosa si basa questa scelta? Facendo una breve ricerca in rete con le parole “microonde, biologico” si trova un link ad un sito che si chiama “Agro-bio notizie”. Si tratta del portale della “Associazione onlus di produttori e consumatori biologici e biodinamici” in cui si trova un lungo articolo sui danni prodotti dall’uso del forno a microonde (il link è qui, lo inserisco solo per completezza di informazione sapendo benissimo che regalo visibilità a questi individui).

Per poter capire le sciocchezze di cui parlano, serve fare una breve introduzione.

Cosa sono le microonde

Ho già avuto modo di spiegare che cos’è la luce (qui). Si tratta di una radiazione elettromagnetica, cioè, di una radiazione costituita da un campo elettrico ed un campo magnetico tra loro perpendicolari che si propagano nello spazio con le caratteristiche di un’onda (Figura 2).

Figura 2. Radiazione elettromagnetica

La distanza tra due creste (o due valli) della radiazione elettromagnetica viene indicata come lunghezza d’onda (λ). L’insieme di tutte le lunghezze d’onda delle radiazioni elettromagnetiche viene indicato come “spettro”. Esempio di spettro elettromagnetico è in Figura 3.

Figura 3. Spettro elettromagnetico (Fonte)

Dalla figura si evince come quelle che noi chiamiamo “microonde” non siano altro che delle radiazioni elettromagnetiche che si estendono in un intervallo di lunghezze d’onda che va da 1 mm a 10 cm.

Fin dai tempi delle superiori è noto che esiste una relazione diretta tra lunghezza d’onda (λ) e contenuto energetico (E) di una radiazione elettromagnetica. Questa relazione è: E = h c λ-1, dove h è la costante di Planck (6.62 · 10-34 J s) e c la velocità di propagazione della luce nel vuoto (2.998 · 103 m s-1).

Quando una radiazione elettromagnetica interagisce con la materia possono accadere tante cose in funzione del contenuto energetico della radiazione stessa. Per esempio, se la radiazione elettromagnetica ha lunghezza d’onda <1 pm (raggi γ), compresa tra 1 pm e 10 nm (raggi X), 10 nm e 380 nm (raggi UV), l’interazione con la materia produce alterazioni chimiche (ovvero rottura e formazione di legami) che comportano insorgenza di patologie come i tumori. Se la radiazione ha una lunghezza d’onda compresa tra 380 e 750 nm (luce visibile), l’energia associata ad essa è in grado di produrre delle transizioni elettroniche in sistemi in cui sono presenti dei legami multipli (per esempio il β-carotene di cui ho parlato qui). La radiazione non assorbita è quella che conferisce il colore all’oggetto che contiene molecole come il β-carotene. Se la radiazione elettromagnetica ha lunghezza d’onda compresa tra 750 nm e 1 mm (radiazione infrarossa o IR), l’energia ad essa associata non è in grado di produrre transizioni elettroniche e men che meno promuovere reazioni chimiche. Quello che, invece, accade è che il momento dipolare non nullo (Figura 4) dei sistemi chimici tende ad orientarsi con la direzione del campo elettrico della radiazione IR che si propaga nello spazio.

Figura 4. Momento dipolare di un sistema chimico

Poichè il campo elettrico è oscillante (Figura 2),  anche il momento dipolare oscilla. L’oscillazione del momento dipolare può essere in fase oppure fuori fase rispetto all’oscillazione del campo elettrico associato alla radiazione IR. Quando l’oscillazione del momento dipolare è fuori fase, l’energia assorbita dalla molecola viene rilasciata sotto forma di calore. L’intensità dell’energia termica emessa dalla molecola nel processo di rilassamento dipende dall’entità dello sfasamento tra le oscillazioni del campo elettrico e del momento dipolare (Figura 5).

Figura 5. Oscillazioni del campo elettrico e del momento dipolare

Detto in termini più umani, le molecole che assorbono la radiazione IR vibrano e ruotano più velocemente intorno ai legami in esse contenuti. L’effetto macroscopico è il riscaldamento della molecola (in effetti, questo è, in soldoni, il meccanismo dell’effetto serra di cui ho parlato qui).

Come funzionano le microonde?

Alla luce di quanto scritto, appare intuitivo che la quantità di energia associata alle radiazioni che ricadono nell’intervallo di lunghezza d’onda delle microonde (1 mm – 10 cm) non è in grado di influenzare il comportamento degli elettroni, né di promuovere processi chimici, ovvero reazioni vere e proprie  con rottura e formazione di legami, come le radiazioni con lunghezze d’onda molto più corte (radiazioni UV, raggi X e raggi γ).

In realtà l’energia associata alle radiazioni che hanno lunghezze d’onda nell’intervallo 1 mm – 10 cm (ovvero le microonde) è in grado di promuovere le oscillazioni del momento dipolare delle molecole di acqua secondo il meccanismo illustrato nel paragrafo precedente. La conseguenza è che l’acqua si riscalda.

Nel caso particolare degli alimenti, il forno a microonde promuove le oscillazioni del momento dipolare delle molecole di acqua in essi contenute. Le oscillazioni dei momenti dipolari delle sostanze organiche di cui sono composti gli alimenti sono trascurabili. La conseguenza è che un alimento nel forno a microonde viene riscaldato grazie all’azione delle microonde sui momenti dipolari delle molecole di acqua. Se non c’è acqua, un alimento non può essere riscaldato.

Ed allora come è possibile che il pop corn possa essere preparato nel forno a microonde? Beh…no problem: leggete qui. È sempre questione di acqua.

La bufala del forno a microonde Che fa male

Nel 1989 a pagina 18 del numero 8 di un giornalino senza alcune pretese scientifiche (il Journal  Franz Weber), appare un articolo-intervista di tre pagine a un tale che si chiama Hans-Urich Hertel. Il titolo dell’articolo è: “Dans le four à micro-ondes aussi, la mort est à l’affût”. Non sono molto bravo in francese; anzi, direi che il mio francese è del tutto assente, ma, grossomodo, in italiano l’effetto del titolo dovrebbe essere “Anche nel forno a microonde la morte è in agguato” (se qualcuno dei lettori che mi legge vuole aiutarmi a tradurre, è il benvenuto). In linea di massima l’articolo citato, che potete trovare nell’archivio del Journal Franz Weber, non è altro che un insieme di idee new age e di affermazioni a-scientifiche che sono in completa contraddizione con i modelli che descrivono il comportamento delle microonde come sommariamente riportato nei paragrafi precedenti. Esempi di affermazioni prive di ogni senso scientifico sono:

“Je suis loin d’etre le seul scientifique ou penseur a avoir reconnucette exigence. Notre technique produit effectivement des rayons electromagnetiques, insupportables pour toute le form de vie. Ce rayonnement hostile a la vie ne se limite pas seulement au four a micro-ondes qui nous occupe plus particulierment aujourd’hui. Il inclut au contraire tout rayonnement technique, des ondes radio au rayonnement gamma radioactif en passant par les micro-ondes. Tout ces rayonnements sont absolutement et sans exception hostiles a la vie, meme si, bien souvent, le le processus de destruction de certe demiere est relativement lent. Pourtant, la consequence en sera invariablement le cancer et une mort prematuree aussi long-temps que les causes de ces rayonnement continueront d’exister”

ovvero (da google translator, per cui mi perdonino i lettori che conoscono il francese. Vale sempre la richiesta di aiuto fatta prima)

“Sono ben lontano dall’essere l’unico scienziato o pensatore ad aver riconosciuto questo problema. La nostra tecnologia produce effettivamente raggi elettromagnetici, insopportabili per tutte le forme di vita. Questa radiazione ostile alla vita non è limitata solo al forno a microonde che ci interessa in modo particolare oggi. Al contrario, essa include tutte le radiazioni, dalle onde radio alle radiazioni gamma radioattive passando per le microonde. Tutte queste radiazioni sono assolutamente e senza eccezioni ostili alla vita, anche se, molto spesso, il processo di distruzione operato dalle ultime è relativamente lento. Tuttavia, il risultato sarà invariabilmente il cancro e la morte prematura fino a quando le cause di tali radiazioni continueranno ad esistere”.

Quanto riportato è l’incipit dell’intervista a Hans-Urich Hertel. Considerando che la luce che ci viene dal sole è un insieme di radiazioni elettromagnetiche con lunghezze d’onda che coprono l’intero spettro luminoso, non si capisce in che modo potremmo evitare tali radiazioni se non vivendo al buio e sempre coperti. Naturalmente le conseguenze di una vita priva di sole sono estremamente dannose. Però Hans-Urich Hertel ha una risposta:

“La difference entre ces deux types de rayonnement reside dans la qualitè. Bien que les micro-ondes, soient de nature electromagnetique, il exist entre elles des differences parfois enormes dans les frequences, les longueurs d’onde et les amplitudes, donc dans leur qualité. Les frequences techniques ne suivent pas les frequences de la lumiere: elles sont toujours pratiquement plus ou moins a cote, c’est-a-dire en dissonance par rapport a certe derniere. De plus, elles reposent sur le principe du courant alternativf tandis que la nature utilise le principe du courant continue ondulé. Le courent alternatif est mortel pour la nature. Sur ce point, il n’y a absolutament plus a discuter”

Ovvero:

“La differenza tra questi due tipi di radiazioni [naturale e dei forni a microonde, NDT] sta nella qualità. Sebbene le microonde siano di natura elettromagnetica, a volte ci sono enormi differenze nelle frequenze, nelle lunghezze d’onda e nelle ampiezze, e quindi nella loro qualità. Le frequenze artificiali non seguono le frequenze della luce: sono sempre praticamente più o meno vicine, cioè in dissonanza rispetto a queste ultime. Inoltre, si basano sul principio della corrente alternata mentre la natura usa il principio della corrente continua ondulata. La corrente alternata è mortale per la natura. Su questo punto, non c’è assolutamente nulla da discutere”

Come si legge, questo pseudo-scienziato (non saprei come altro definirlo) sta facendo un miscuglio abominevole di concetti presi qui e là dai libri di chimica fisica.

Come ho evidenziato nei paragrafi precedenti, col termine di “microonde” si intende un insieme di radiazioni elettromagnetiche le cui lunghezze d’onda sono comprese nell’intervallo 1 mm – 10 cm.

Lunghezze d’onda, frequenze e ampiezze d’onda sono tutti parametri che descrivono le radiazioni elettromagnetiche e sono tutti correlati tra di loro. Basta leggere una qualsiasi appendice di un qualsiasi libro scientifico usato alle scuole superiori per capire la correlazione tra i parametri anzidetti. Questo vuol dire che nell’intervallo di lunghezze d’onda considerato ci sono radiazioni elettromagnetiche che hanno un contenuto energetico variabile in funzione del valore della lunghezza d’onda presa in considerazione. A seconda del contenuto energetico della radiazione elettromagnetica, l’acqua è soggetta a riscaldamento più o meno rapido in funzione del numero di gradi di libertà che contraddistingue le singole molecole di acqua. In altre parole, insiemi di molecole di acqua libera (ovvero non legate alla matrice organica degli alimenti) si riscaldano a una velocità differente rispetto a molecole di acqua legate (cioè interagenti con la matrice alimentare di cui fanno parte) quando sottoposte all’interazione con le microonde a lunghezza d’onda differente.

Il nostro pseudo-scienziato afferma, inoltre, che la differenza tra le radiazioni “naturali” e quelle “artificiali” (ovvero, per esempio, del forno a microonde) è che le prime sono generate da una corrente continua, mentre le seconde sono generate da corrente alternata. Senza alcuna base teorica, egli afferma inoltre che la corrente alternata è nociva, mentre quella continua no, perché è naturale. Mi sembra di leggere le sciocchezze di chi afferma che “chimica” è male e “naturale” è buono di cui ho già avuto modo di parlare qui. Non c’è spazio sufficiente in questo blog per affrontare nei dettagli la fisica di Maxwell che nel 1864 presentò alla Royal Society britannica le sue famose equazioni che unificavano magnetismo ed elettricità. Se volete averne idea basta cliccare qui, ma sappiate che scaricherete un file molto pesante. Inutile ricordare anche che la prima forma di elettricità utilizzata fu quella continua e che oggi usiamo quella alternata perché nella battaglia della elettricità tra Edison e Tesla, quest’ultimo ebbe la meglio (la corrente alternata si dimostrò migliore in termini di distribuzione sulle grandi distanze rispetto a quella continua). Ed è inutile ricordare che non c’è la benché minima prova che la corrente continua sia a favore della vita, mentre quella alternata … no … beh … in realtà se metto le dita in una presa di corrente forse qualche problema lo potrei avere…

Non voglio tediarvi molto. Questo articolo sta diventando sempre più lungo. Basti sapere che nelle sue farneticazioni, Hans-Urich Hertel parla di esperimenti condotti su otto (sì, leggasi otto di numero) volontari alimentati con alimenti cotti o in microonde o in modalità tradizionale. Per ammantare di scientificità questo esperimento da quattro soldi, Hans-Urich Hertel spiega che l’alimentazione dei volontari era fatta in cieco (ovvero essi non sapevano se mangiavano cibo cotto in microonde oppure no). Le analisi del sangue effettuate su questi volontari dimostrarono la propensione ad alterazioni ematiche negli individui soggetti ad alimentazione col cibo cotto al microonde.

Ora, dire che otto volontari è un numero che non ha alcun significato sotto l’aspetto di una sperimentazione clinica mi sembra superfluo. Dire che manca un campione controllo, anche. Aggiungere che le affermazioni fatte da questo individuo sotto forma di intervista su un giornalino che non ha nulla di scientifico non è solo superfluo, ma anche inutile. Tutto il quadro porta alla conclusione che questo pover’uomo ha avuto un momento di notorietà e continua ad averlo in quella parte della società che ha fatto del naturismo la propria religione. E si sa. Quando si ha a che fare con la fede, non c’è discorso razionale (ovvero scientifico) che regga.

Come stanno le cose

Utilizzando la parola chiave “microwave” in Google Scholar, si accede ad una serie di lavori sull’uso delle microonde nella trasformazione degli alimenti. Uno è per esempio questo: “Effect of microwave and conventional cooking on insoluble dietary fibre components of vegetables” pubblicato nel 2003 su Food Chemistry. Gli autori evidenziano come le variazioni nel contenuto di fibre alimentari non dipenda dal modo con cui gli alimenti vengono cotti, ma dalla cottura stessa. In particolare, la cottura in alta pressione è quella che ha mostrato le differenze maggiori. Ancora: “The effect of cooking methods on total phenolics and antioxidant activity of selected green vegetables” pubblicato nel 2005 su Food Chemistry. Gli autori dimostrano come la modalità di cottura (microonde o meno) non influenza il contenuto di molecole antiossidanti in alcuni vegetali. Laddove la differenza si è vista, è stata attribuita solo al fatto che la variazione di temperatura del forno a microonde è  meno leggera che nella cottura tradizionale.

Insomma, come dire. L’effetto delle microonde è solo legato alla temperatura. La degradazione di vitamine o proteine o altre tipologie di nutrienti si ha sia che venga usato il forno a microonde, sia che venga usata la cottura tradizionale. Per evitare perdita di nutrienti bisogna saper regolare bene la potenza del forno a microonde.

E l’effetto delle microonde sul corpo umano? beh … se metto una mano nel microonde mi scotto esattamente come quando metto la mano in un pentolone di acqua bollente. Il meccanismo della “scottatura” è diverso, alla luce di quanto spiegato, ma l’effetto (il dolore) è lo stesso.

Per concludere, trovate a questo link tutte le informazioni in merito all’uso delle microonde per la cottura degli alimenti. Non è un sito qualsiasi, si tratta del World Health Organization che certo non può essere accusata di essere a capo delle lobby di big-microwave.

Glossario

cm = centimetro (1 · 10-2 m)

Gradi di libertà. Con la locuzione “gradi di libertà” si intende il movimento (traslazionale, vibrazionale e rotazionale) cui ogni singolo atomo in una molecola è soggetto. Se la molecola è fatta da N atomi, il numero di gradi di libertà, ovvero il numero di movimenti cui la molecola è soggetta è: 3N.

nm = nanometro (1 · 10-9 m)

mm = millimetro (1 · 10-3 m)

pm = picometro (1 · 10-12 m)

Fonte dell’immagine di chiusura

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